L'omicidio di Chiara Poggi
Rilievi e ricostruzioni 3D nell’abitazione della famiglia Poggi nell'ambito delle nuove indagini
Un ampio servizio sugli errori delle indagini nel delitto di Garlasco è stato proposto nell’ultima puntata di Quarta Repubblica, andata in onda su Rete 4 martedì 23 settembre. Un ampio servizio di Lodovica Bulian ha ripercorso tutte le criticità emerse nelle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. “A quasi un anno dalla riapertura del fascicolo sul delitto di Garlasco per cui oggi è indagato Andrea Sempio – afferma la giornalista - emergono tutti gli errori fatti dagli investigatori 18 anni fa. Sono anche quelli che hanno spinto i pm a riprendere in mano il caso, mettendo in dubbio davanti all’opinione pubblica la condanna di Alberto Stasi”.
Il servizio completo proposto a Quarto Grado
Secondo Quarto Grado il più clamoroso è “quello che ha cancellato la firma certa dell’assassino”. “Quattro impronte di polpastrelli stampati sulla spalla sinistra della maglia del pigiama”. Questo perché il “corpo è stato girato, il tessuto si è intriso di sangue e le tracce sono sparite”. “Nessuno in sede di autopsia – ricorda – aveva preso le impronte digitali di Chiara e per rimediare due giorni dopo i funerali era stata riesumata la salma. E non era stato nemmeno preso il peso del corpo, un dato utile per stabilire l’orario della morte, da sempre controverso”.
Le impronte dei polpastrelli
“Una successione di passi falsi” ha poi “compromesso la scena del crimine, contaminata dalle impronte di 25 tra investigatori e carabinieri entrati nella villetta, molti senza calzari, alcuni anche senza guanti”, tanto che i Ris “hanno dovuto farsi consegnare le scarpe usate quel giorno”, con un carabiniere “non si sa perché che ha consegnato quelle sbagliate”.
C’è anche tutto quello che “sarebbe accaduto nella villetta mai verbalizzato”. Dalla “scivolata di un carabiniere in una pozza di sangue”, “di qualcuno che ha usato il bagno”, di “spostamenti del divano” e perfino “il gatto rimasto chiuso per giorni nella villetta sotto sequestro”. Poi l’alibi di Stasi che si è rischiato di cancellare poiché “il suo computer è stato alterato da procedure sbagliate”. “In ritardo gli inquirenti sono andati nell’officina del padre di Stasi a sequestrare l’impianto di allarme, quando si cercavano riscontri all’ipotesi che Alberto fosse andato lì a disfarsi dell’arma, degli abiti sporchi di sangue e a ripulire la bici: due mesi dopo la memoria aveva solo i dati degli ultimi trenta giorni”.
Il servizio pone l’attenzione anche sulle scarpe di Stasi, diventate elemento della sua condanna, sono state sequestrate dopo “19 ore”, i tappetini dell’auto dopo “una settimana”, la bici nera della famiglia “dopo 7 anni”. Mai analizzati alcuni reperti in 18 anni prima della nuova indagine: “la spazzatura sequestrata dopo 8 mesi”, “il posacenere in cucina”. Poi “il tampone orale di Chiara contaminato perché fu usata una garza non sterile”, “i tabulati telefonici acquisiti a macchia di leopardo o mai acquisiti per alcune persone”, “le anomalie nell’interrogatorio di Andrea Sempio nel 2008, quando consegnò il famigerato scontrino”.
La spazzatura
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