Il caso
Chiara Poggi
Negli ultimi sviluppi delle indagini sul delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, la figura emblematica del cosiddetto "gradino zero" – il primo scalino della cantina – è tornata al centro dell'attenzione. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe in una scena così violenta, non sono state individuate tracce di sangue né impronte ematiche né sul gradino né sulla parete adiacente. Questo vuoto, paradossalmente, alimenta nuove ipotesi, suggerendo che l’aggressore non abbia mai calcato quel punto, ma si sia fermato in alto, lasciando scivolare il corpo senza contaminare il pavimento del gradino stesso.
Le spiegazioni proposte dagli investigatori, avvalorate anche da consulenze medico-legali, dipingono una dinamica più complessa di quanto si credesse: secondo la ricostruzione, l’assassino avrebbe afferrato Chiara per le ascelle e presumibilmente l’avrebbe lasciata cadere lungo le scale, senza posare i piedi sul primo scalino. In tal modo, quel piano rimarrebbe privo di sangue, pur essendo punto di arrivo del corpo.
Altre anomalie, affiorate durante il disegno della scena, emergono in soggiorno, dove i ris avevano segnalato tre gocce di sangue accanto al divano, giudicate “non di facile contestualizzazione”. Secondo i carabinieri, tale macchia potrebbe testimoniare una fase iniziale dell’aggressione, forse un primo colpo sferrato alla vittima prima che riuscisse a spostarsi verso la scala. Un'altra traccia problematica si trova tra il terzo e il quarto gradino della scalinata, dove è stata rinvenuta una macchia corporea che, per forma e posizione, farebbe ipotizzare un ulteriore colpo finale inferto in discesa.
A ciò si aggiungono nuove tecnologie investigative: scanner laser 3D, droni e intelligenza artificiale hanno permesso una rimappatura precisa dell’intera scena, ridisegnando la posizione delle impronte, dei residui ematici e delle evidenze biologiche. Oggi gli inquirenti devono districarsi tra decine di impronte: trenta‑cinque repertate nella revisione in corso, nessuna delle quali presenta tracce di sangue, mentre l’impronta 33 – attribuita ad Andrea Sempio – non è più disponibile per nuovi accertamenti, essendo l'intonaco distrutto secondo le regole di archiviazione successive alla condanna di Alberto Stasi.
Altri elementi inquietanti emergono dal telefono di casa Poggi: una goccia di sangue all’interno del vano cornetta, mai prelevata né analizzata nel 2007, solleva dubbi sulla possibilità che Chiara abbia tentato di comporre un numero di emergenza durante l’aggressione. Lo stesso vale per un orecchino, ritrovato vicino al cadavere e macchiato di sangue, sul quale non furono effettuati prelievi all’epoca.
Parallelamente, la scoperta di dna maschile sotto le unghie della vittima – tra cui il profilo parziale di Andrea Sempio – ha portato la Procura di Pavia a ipotizzare la presenza di un secondo uomo sulla scena, aprendo ufficialmente una pista “in concorso” che potrebbe inaugurare una svolta nel quadro accusatorio.
L'incidente probatorio in corso a partire dal 17 giugno mira a riesaminare le prove residue rimaste intatte – tra cui capelli mai analizzati, frammenti biologici e reliquie dimenticate come la scatola dei biscotti in cucina – con gli strumenti scientifici di oggi. In questo nuovo contesto, l’assenza di sangue sul gradino zero non è più un dettaglio minore, ma il fulcro di un nodo narrativo in grado di rilanciare, a diciotto anni di distanza, il mistero più fitto di uno dei casi di cronaca nera più discussi d’Italia.
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