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L'analisi

Gelato, da mille lire a 2,70 euro per un cono: il folle aumento di oltre il 400% in 25 anni. Ecco quando costa oggi e perché il prezzo è schizzato alle stelle

Giovanni Ramiri

19 Giugno 2025, 12:47

Gelato, per un cono da mille lire a 2,70 euro: il folle aumento di oltre il 400% in 25 anni. Ecco quando costa oggi e perché il prezzo è schizzato alle stelle

Gelato a Milano

C’è stato un tempo, non così lontano, in cui un bambino poteva entrare in una gelateria con una moneta da 1.000 lire e uscirne soddisfatto, le mani appiccicose e il cuore colmo di felicità per un cono con due gusti. All’epoca, alla fine degli anni ’90, il gelato era ancora una dolcezza semplice e accessibile: 500 lire per una coppetta piccola, 800 per un Fior di Fragola, 1 000 per un Cremino o un cono artigianale piccolo. Bastava una manciata di monete, e il pomeriggio era salvo.

Poi è arrivato l’euro. Con la sua conversione brusca e implacabile – 1 € per 1 936,27 lire – i prezzi si sono trasformati non solo nella forma ma anche nella sostanza. Quello stesso cono, che nel 2000 costava 1 000 lire, ovvero circa 0,52 euro, oggi si paga in media 2,70 euro. È un aumento di oltre 400%, una cifra che racconta molto più di una semplice inflazione: è la misura di un cambiamento profondo nel modo in cui viviamo e consumiamo.

Da allora il gelato non ha mai smesso di rincarare. Se all’inizio degli anni Duemila un cono artigianale costava meno di un euro, oggi è raro trovarne uno sotto i 2,50. E nelle zone turistiche o nei centri storici, il prezzo può salire fino a 5 €. Le vaschette da asporto sono diventate un lusso da oltre 20 € al chilo, e anche i gelati confezionati hanno seguito la stessa traiettoria: meno quantità, più costo. Il celebre stecco Magnum, ad esempio, ha perso peso ma non prezzo: da 86 a 70 grammi, mentre il costo è salito ben oltre il semplice adeguamento all’inflazione.

Ma cosa è successo nel frattempo? A incidere non è solo l’euro, ormai storia vecchia. Negli ultimi cinque anni, complice l’inflazione post-pandemia e le crisi energetiche, i costi delle materie prime sono cresciuti vertiginosamente: latte, uova, zucchero, cacao, nocciole… ogni ingrediente è diventato più caro da produrre e trasportare. Anche l’energia necessaria per conservare il gelato, che deve rimanere a basse temperature dalla fabbrica alla vetrina, ha subito rincari notevoli. E così, senza che ce ne accorgessimo, il cono gelato ha iniziato a pesare di più sul portafoglio.

A questo si è aggiunta una trasformazione dell’immaginario. Il gelato artigianale non è più solo una merenda: è diventato un’esperienza, un prodotto gourmet, una coccola da concedersi. Le gelaterie propongono gusti ricercati, ingredienti Dop, mantecature espressive. Il cono piccolo non è più “piccolo”: è “premium”, e si paga come tale.

In tutto questo, il consumatore ha seguito l’onda, forse con un po’ di rassegnazione e un pizzico di nostalgia. Ogni estate, sotto il sole rovente, continua a entrare in gelateria sapendo che, anche se il prezzo è quadruplicato, quel gusto di pistacchio – magari con granella di Bronte – vale ancora la pena.

Così, a distanza di 25 anni, il gelato racconta molto più di un semplice aumento di prezzo. Racconta un Paese che è cambiato, che ha imparato a convivere con l’euro, con l’inflazione, con un mondo più caro e più complesso. Ma racconta anche che certe cose – come il sorriso di un bambino con il gelato in mano – restano, per fortuna, immutate. Anche se oggi costano un po’ di più.

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