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L'omicidio Poggi

Delitto di Garlasco, parla il giudice che assolse Stasi: "Ecco i due indizi che non mi convincevano. Ragionevole dubbio? Non è un espediente"

Il magistrato Stefano Vitelli è intervenuto a Quarta Repubblica

Giovanni Ramiri

09 Settembre 2025, 08:56

Delitto di Garlasco, parla il giudice che assolse Stasi: "Ecco i due indizi che non mi convincevano. Ragionevole dubbio? Non è un espediente"

Il giudice Stefano Vitelli

Quarta Repubblica nella puntata di lunedì 8 settembre è tornata a occuparsi del delitto di Garlasco e delle nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. Tra gli ospiti il giudice Stefano Vitelli, che assolse Alberto Stasi in primo grado.
“Quali indizi non la convincevano e la portarono ad assolvere Stasi”, chiede il conduttore Nicola Porro?

Innanzitutto l’alibi informatico – risponde Vitelli – in primo grado è stato accertato che Stasi durante la mattinata ha lavorato alla tesi. Non solo non ha detto una bugia, ma nelle ore centrali della mattina era impegnato a casa sua in un lavoro intellettualmente significativo. Doveva completare e correggere la tesi. Lo ha fatto con sostanziale continuità, mettendoci la mano e il cervello. Il secondo motivo è che sicuramente l’assassino, o uno degli assassini, è entrato in bagno. Abbiamo l’impronta insanguinata sul tappetino davanti allo specchio”.

Un momento della puntata

“Abbiamo anche, era uno degli indizi – prosegue il giudice Vitelli – l’impronta di Stasi sul dispenser. Allora Stasi ha lasciato quell’impronta di sangue dopo che si è lavato le mani dopo aver ucciso Chiara Poggi? Mancava il sangue nel sifone e sul dispenser. Possibile contro obiezione: manca il sangue perché ha lavato tutto molto bene. No, perché quel lavandino, e i miei periti sono stati chiari, era fisiologicamente sporco, c’erano anche dei capelli. Quello che sembra l’assassino entrato in bagno, ad analizzarlo più approfonditamente pone dei problemi, delle sacche in cui si annida il ragionevole dubbio. È ragionevole quindi ipotizzare che l’assassino sia sì entrato, ma si sia solo specchiato, abbia preso i teli (la mamma di Chiara ricorda che ne mancavano), ma non è ragionevole nemmeno pensare che quell’impronta di Stasi possa essere non l’impronta di Stasi assassino, ma l’impronta di Stasi che la sera prima, mangiata la pizza, prima di mettersi al lavoro sulla tesi si sia lavato banalmente le mani”.

“Lei ha citato più volte il ragionevole dubbio. Qual è secondo l’anomalia più grande della condanna che poi Stasi si è preso con il rito abbreviato?”, chiede ancora Nicola Porro al magistrato. “Bisogna rispettare le sentenze, specie in un caso difficile come questo. Ma il ragionevole dubbio non è un espediente grazie al quale l’imputato la fa franca nonostante sia colpevole. È una garanzia vera, per cui in casi di concreta incertezza, multidirezionale, e secondo me il caso di Garlasco è paradigmatico, non si deve correre il rischio di mettere in galera un innocente. Meglio avere un colpevole fuori”.

Nicola Porro

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