La storia
Pantaleo Oronzo Corvino
A Lecce lo chiamano “l’oro del Salento”. Pantaleo Oronzo Corvino, classe 1949, nato a Vernole, ha scritto una storia unica nel calcio italiano, costruendo un modello che unisce visione sportiva, intuizione di mercato e gestione economica impeccabile. Le cifre parlano chiaro: con appena nove cessioni ha garantito al Lecce circa 147 milioni di euro, bonus compresi, come riporta Calcio Totale. Ma dietro i numeri c’è un percorso lungo e coerente, iniziato nei campi di provincia e arrivato ai vertici del calcio nazionale.
Corvino ha cominciato come dirigente nel suo paese, dove la passione per il pallone si intrecciava con la sua capacità di leggere prima degli altri il potenziale dei giovani. La vera svolta arriva negli anni Ottanta e Novanta, quando entra nei quadri del Lecce e diventa l’artefice di una politica lungimirante basata sui talenti emergenti. Già allora scopre e lancia giocatori che diventeranno protagonisti della Serie A e non solo. La sua capacità di guardare oltre confine, in mercati poco battuti, lo rende un visionario in tempi in cui la globalizzazione calcistica era appena agli inizi.
Il salto di qualità avviene a inizio Duemila, quando il suo Lecce si impone come una delle fucine più prolifiche del calcio italiano. Con lui il club salentino non solo riesce a stabilizzarsi in Serie A, ma vince anche sul piano economico: operazioni come quelle di Mirko Vučinić, Valeri Božinov ed Ernesto Chevanton portano denaro fresco nelle casse, permettendo di competere senza debiti e mantenendo il bilancio in ordine. Parallelamente, il settore giovanile esplode: la Primavera vince tre scudetti, due Coppe Italia e due Supercoppe italiane, diventando un modello di riferimento nazionale.
Ernesto Chevanton
Le qualità di Corvino non passano inosservate e nel 2005 arriva la chiamata della Fiorentina, club che affida a lui la costruzione del progetto post-fallimento. A Firenze porta campioni come Luca Toni, Adrian Mutu, Sebastien Frey e Stevan Jovetić, riportando la squadra in Champions League e dimostrando ancora una volta di saper coniugare occhio calcistico e sostenibilità. Dopo l’esperienza viola, dal 2016 al 2019 approda al Bologna, dove ripete il copione lanciando giovani come Diawara e Verdi.
Adrian Mutu
Nel 2020 decide di tornare a casa, al Lecce. È qui che la sua storia trova un nuovo capitolo da scrivere. Con intuizioni straordinarie come quelle di Morten Hjulmand, Patrick Dorgu, Marin Pongračić e Nikola Krstović, Corvino rilancia il progetto giallorosso e mette in cassa guadagni che, sommati, raggiungono la cifra record di 147 milioni di euro in sole nove operazioni. Non si tratta solo di plusvalenze: il Lecce, con lui, disputa nove campionati di Serie A e quattro di Serie B, tre dei quali vinti, dimostrando che il modello Corvino è vincente anche sul campo.
Patrick Dorgu
Il segreto del direttore sportivo salentino sta nella combinazione di tre elementi: un’osservazione maniacale dei talenti, un fiuto speciale per i mercati meno battuti e una filosofia gestionale rigorosa, che punta sempre all’equilibrio di bilancio. È questa alchimia che ha trasformato Lecce in una bottega d’arte calcistica, capace di coniugare bellezza e utilità, intuizione e strategia.
A settantasei anni, Corvino continua a essere un riferimento non solo per il club giallorosso, ma per tutto il calcio italiano. La sua carriera dimostra che si può fare calcio ad alti livelli senza inseguire il debito e senza dipendere da mecenati. Per questo, in Salento e non solo, lo celebrano come uno dei più grandi dirigenti italiani e uno dei talent scout più rispettati al mondo.
Con centoquarantasette milioni di plusvalenze realizzate e una vita spesa a scovare campioni, Pantaleo Oronzo Corvino rimane l’emblema di un calcio che sa essere insieme passione, visione e sostenibilità.
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