Le Brigate del Lavoro della Flai Cgil documentano lo sfruttamento in agricoltura e lanciano proposte alle istituzioni per superare il problema.
Paolo Rossi, Segretario Flai Cgil Grosseto, ha confermato la gravità della situazione nella provincia grossetana. "Quattrocento lavoratori caricati in una mattinata in una ventina di furgoni, con flussi lavorativi ben organizzati, non è uno scherzo – ha ricordato Rossi –. Dalla zona nord si va verso il lavoro boschivo, da altre aree verso ulivi e uva. Da Grosseto partono colonne verso il Lazio, arrivando fino a Latina per la raccolta degli agrumi. Tra Arcidosso e Castel del Piano, su 826 lavoratori totali in agricoltura, l'80% si sono rivelati essere stranieri. Le aziende senza terra più grandi si trovavano proprio in questi Comuni, dove, a differenza di altre indagini, gli insediamenti sono stanziali: le aziende comprano case e le affittano in paesi e comuni limitrofi per farci abitare i lavoratori".
Un rappresentante aziendale incontrato una delle mattine in cui le Brigate del lavoro erano in attività ha raccontato di avere 120 dipendenti e 8 case. Numeri sproporzionati che raccontano anche in quali condizioni alcune persone siano costrette a vivere per lavorare. "Il territorio grossetano è divenuto un vero dormitorio di lavoratori diretti nel senese – ha detto Rossi –. I caporali non sono più semplici guidatori di pulmini: sono direttori di produzione, arrivano con pickup enormi, controllano il lavoro, ripartono. Dietro hanno legali e professionisti che li supportano". La complessità aumenta ulteriormente con i "servizi" strutturati offerti dai caporali, leciti e illeciti. "Parliamo di richieste di servizi tramite Spid che vanno da 30 a 70 euro, pratiche di asilo da 100 a 150 euro, accompagnamento in prefettura per qualche centinaio di euro, tutto secondo un tariffario ben definito – puntualizza Rossi –. Si arriva fino ai matrimoni in bianco, dove vengono offerti "moglie o marito con cittadinanza" per 5-10 mila euro. Vengono anche stipulati contratti per i flussi da 5mila a 8mila euro. L’arruolamento viene fatto nel paese d'origine, con indebitamento prima della partenza, poi trasporto in aereo o treno. Il caporale poi dice di andare a ritirare il permesso di soggiorno per il lavoratore, ma questo non avviene e risultato è che lo costringe a vivere in clandestinità".
Le proposte della Flai Cgil per sconfiggere il caporalato? "L'approccio puramente repressivo non funziona – dice Andrea Biagianti, segretario Flai Cgil Siena –. Occorrono percorsi di legalità strutturati come la checklist del contoterzismo: un'azienda contoterzista è chiamata a dichiarare la sua legalità secondo alcuni parametri. Non è una soluzione miracolosa, ma un gran segnale. Alcune aziende committenti dello sfruttamento agiscono con piena consapevolezza, altre no. È importante distinguere. L'istituzione della Sezione territoriale della Rete del lavoro di qualità in agricoltura, nata dopo grande pressione dei sindacati sulle istituzioni è un altro elemento che cambia il quadro. Così come la presa in carico dei lavoratori da parte del sindacato e delle istituzioni, mediante il coinvolgimento dei Cas".
"Togliere il centro dei servizi ai caporali e trasferirlo al sindacato, aiutato da mediatori culturali significa intercettare centinaia di persone che altrimenti si rivolgerebbero al caporale – specifica Rossi –. Servono più controlli più stringenti, anche sullo storico delle aziende, e una burocrazia più vicina ai lavoratori. L'istruzione è fondamentale. Partire dalle cose piccole: far conoscere la lingua, fornire diplomi, spiegare le regole da conoscere è l’inizio di un percorso che parla di legalità". Ora la palla passa alle istituzioni.