Il giallo
La nuova serie Netflix, intitolata semplicemente Il Mostro, segna un ritorno al crime di grandissimo impatto per Stefano Sollima, già regista di Gomorra, Suburra e ZeroZeroZero. Con la forza del suo stile viscerale e iperrealista, Sollima si confronta con il caso del Mostro di Firenze, un’oscura ferita mai completamente rimarginata nella storia italiana: otto duplice omicidi consumati tra il 1968 e il 1985 nella campagna toscana, ai danni di giovani coppie appartate, compiuti sempre con la stessa arma – una Beretta calibro 22 – e seguiti da atroci gesti di mutilazione femminile.
Composta da quattro episodi – un’efficace sintesi narrativa – la miniserie attinge a testimonianze dirette, atti giudiziari e inchieste giornalistiche, senza edulcorare nulla della brutalità e delle contraddizioni di un’indagine che ha attraversato decenni e mediaticamente mutato la società italiana. Non si tratta dunque di un puro esercizio sul macabro, ma di un’analisi profonda della paranoia, dei depistaggi, dei sospettati e dell’impatto pubblico e mediatico di un fenomeno criminale senza volto, che ha instillato paura e angoscia in un’intera generazione.
Il cast, formato da attori emergenti quali Marco Bullitta, Valentino Mannias, Francesca Olia, Liliana Bottone, Giacomo Fadda, Antonio Tintis e Giordano Mannu, è chiamato a restituire volti e tensioni umane al cuore di una vicenda intrisa di mistero e sofferenza. La serie è prodotta da The Apartment (gruppo Fremantle) e AlterEgo, con Lorenzo Mieli, Sollima e Gina Gardini nel ruolo di produttori esecutivi.
Un particolare simbolico lega la data di uscita del 22 ottobre al dolore collettivo: non solo cade sul decimo anniversario dell’arrivo di Netflix in Italia, ma coincide con la data del delitto di Travalle (22 ottobre 1981), quando furono uccisi Stefano Baldi e Susanna Cambi. Un segno potente, quasi un omaggio alle vittime e alla memoria storica, che conferisce alla serie una dimensione rituale e memoriale.
Il teaser trailer, diffuso nei giorni scorsi, comunica fin dal primo fotogramma un tono cupo e teso. Ambienti rurali immersi nella nebbia toscana, luci scarse, sguardi smarriti: un’atmosfera vicina al thriller americano, evocativa delle atmosfere ricercate da registi come David Fincher. Sollima, in qualche dichiarazione, ha sottolineato l’intenzione di restituire solo la verità processuale e testimoniale, come forma di giustizia alle vittime, perché “il mostro, alla fine, potrebbe essere chiunque”.
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