L'omicidio di Chiara Poggi
Vittorio Fineschi
Vittorio Fineschi, ordinario di Medicina Legale all'Università La Sapienza di Roma, è tornato a intervenire nella trasmissione Filorosso su Rai 3, per parlare dell’omicidio di Garlasco. Stavolta il professore è intervenuto in collegamento, rispondendo alle domande della conduttrice Manuela Moreno.“Quali elementi potrebbero emergere per procedere alla riesumazione del cadavere a 18 anni di distanza?”, chiede Moreno.
“Le motivazioni sono molte e dal punto di vista scientifico non è che la professoressa Cattaneo si potrebbe limitare a ripercorrere la perizia Ballardini – risponde il professore –. Ricordo che Ballardini ha fatto durante la sua attività autoptica molti prelievi, e dai prelievi fatti si possono fare 18 anni dopo delle indagini che all’epoca non era facile fare. L’operato del medico legale è l’occhiale del giudice. Quali sono i campi d’azione? Innanzitutto l’epoca di morte, senza dimenticare perché è fondamentale, e le sbavature sul peso. Questo dato tecnico è una tessera del mosaico che ne introduce subito un altro. Non ho mai sentito dire che la povera Chiara Poggi abbia avuto delle lesioni e possa avere avuto una sopravvivenza più o meno lunga. Questo è un ulteriore dato perché stiamo lavorando su 30, 60, 90 minuti. Ma quanto è sopravvissuta questa ragazza sulla base di queste lesioni?”.
“Vi è un’ulteriore consulenza – afferma Fineschi – svolta collegialmente dal dottor Ballardini e dal professor Pierucci, che aveva cercato di dare una tempistica dei tempi di sopravvivenza rispetto alle lesioni inferte a Chiara Poggi, e quindi con delle sostanze, degli anticorpi che in un laboratorio attrezzato si possono usare per calcolare e datare i tempi di sopravvivenza, avevano provato a farlo. Dopo 18 anni si possono fare molte più indagini ed essere molto più accurati”. “Quindi un effetto domino – aggiunge il luminare – partiamo dall’epoca di morte, riusciamo in laboratorio già con materiale in possesso della procura sulla base degli accertamenti fatti dal dottor Ballardini e dal professor Pierucci, e arriviamo al terzo punto. Abbiamo un corredo autoptico di 161 immagini, possiamo avere un’indagine radiografica, per dirci cosa? Per cercare di definire qual è il mezzo lesivo: è uno solo? come è stato usato? E soprattutto è compatibile col poter dire che è stata solo una persona oppure modalità e mezzo propongono più persone?”.
“Queste risposte potrebbero venir fuori dalla riesumazione del corpo?”, chiede Moreno. “Alcune indagini potrebbero emergere già senza esumazione perché alcuni prelievi sono già stati fatti – risponde Fineschi –. L’esumazione può mettere in evidenza lesioni che all’epoca non sono state prese in considerazione, e oggi, sulla scorta di tutte le altre indagini, possono essere inserite in questo mosaico per chiarire tanti dubbi”.
La conduttrice ricorda al professore una sua precedente dichiarazione: sostenere che ci sia solo un aggressore è un salto nel vuoto. Perché? “Ci sono diverse lesioni, che non sono compatibili con lo stesso mezzo. Intanto: quale mezzo è stato usato? Alcune lesioni hanno caratteristiche di un battente, altre di un tagliente. Se è un unico mezzo ha diverse modalità di utilizzo, ma possiamo anche ipotizzare più di un mezzo con diverse modalità di azione, poste in essere da due persone diverse che hanno agito simultaneamente o più o meno nello stesso tempo, con modalità diverse. Quindi: o un mezzo solo usato in modo diverso o due mezzi usati da più persone. Dire che è stata una sola persona, un medico legale – lo ripeto – fa un salto nel buio. Non fonda su dati oggettivi una definizione del genere”.
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