Ugo Tognazzi
Ugo Tognazzi è stato molto più di un attore comico: è stato uno specchio deformante ma preciso dell’Italia del dopoguerra, uno di quei rari interpreti capaci di passare dal lazzo alla tragedia con un’alzata di sopracciglio. Dietro il volto da italiano medio, dietro i baffi da oste o da industriale piccolo borghese, si nascondeva un artista meticoloso, inquieto e coltissimo, che ha segnato in profondità il cinema italiano.
Nato a Cremona nel 1922, cresciuto tra la provincia e la guerra, Tognazzi arrivò al successo prima con la rivista e la televisione, poi con il cinema, dove trovò la sua piena consacrazione grazie alla commedia all’italiana, genere di cui fu uno dei volti più rappresentativi. Ma la sua comicità, spesso accostata a quella di Alberto Sordi, aveva una nota più grottesca, più corrosiva. I suoi personaggi erano spesso uomini qualsiasi, travolti da vizi, mediocrità, ambizioni ridicole. Ma mai giudicati: Tognazzi li portava in scena con compassione, con ironia, e soprattutto con lucidità.
Uno dei momenti chiave della sua carriera arrivò nel 1978 con La Cage aux Folles (Il vizietto), diretto da Édouard Molinaro. Il film fu un successo clamoroso in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, dove ottenne una nomination agli Oscar come miglior film straniero. Tognazzi interpretava Renato Baldi, proprietario di un night club per drag queen, in una performance che combinava misura, umorismo e una profonda umanità. Quel personaggio fece epoca. E tanto fu il suo impatto, che nel 1996 Hollywood ne fece un remake di grande successo, The Birdcage, diretto da Mike Nichols. Il ruolo che fu di Tognazzi passò a Robin Williams, affiancato da Nathan Lane. Anche in America, la storia di quella coppia omosessuale fuori dagli stereotipi divenne un cult, ma lo spirito originale — dolceamaro, europeo, elegante — portava ancora la firma di Tognazzi.
Dopo quel successo internazionale, ci furono contatti, ipotesi, aperture verso il cinema d’oltreoceano. Ma non si può parlare di un vero "rifiuto di Hollywood". Piuttosto, Tognazzi restò fedele a un universo cinematografico che conosceva profondamente, e dove sentiva di avere ancora molto da dire. In un’intervista confessò: “Io so raccontare solo gli italiani. Altrove, non saprei da dove cominciare.” Più che rinunciare a Hollywood, non la considerava il suo terreno naturale.
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