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Il caso

Delitto di Garlasco, "Chiara Poggi non si è difesa. Pochi minuti tra le lesioni e la morte". L'analisi della criminologa Flaminia Bolzan

"Non credo alla tortura: contrasta con la dinamica dell’azione omicidiaria"

Giovanni Ramiri

08 Agosto 2025, 06:00

Delitto di Garlasco, "Chiara Poggi non si è difesa. Pochi minuti tra le lesioni e la morte". L'analisi della criminologa Flaminia Bolzan

Flaminia Bolzan a Filorosso

Flaminia Bolzan, criminologa e psicologa, ha studiato a fondo il delitto di Garlasco. È intervenuta nell’ultima puntata di Filorosso, andata in onda lunedì 4 agosto, dopo aver riletto il referto autoptico redatto nel 2007 del dottor Ballardini, il medico legale. “Mi colpisce quello che abbiamo evidenziato più volte – spiega la criminologa - ovvero la discrasia tra l’orario della morte che viene individuato dal dottor Ballardini, collocato tra le 10.30 e le 12, centralizzando l’orario tra le 11 e le 11.30”.

“L’intervallo di tempo intercorso tra la produzione di tutte le lesioni e il decesso è circoscrivibile in un tempo di pochi minuti – afferma Bolzan - Significa che la dinamica è stata molto breve: le lesioni mortali erano principalmente sul viso e sull’ovale cranico, in particolare Ballardini individua come lesione mortale nella zona parieto occipitale sulla sinistra. Per quello che ho visto è stata inferta con un corpo contundente ed è molto grossa, il colpo sembra vibrato dall’alto”.

L'analisi del referto autoptico

“Questa lesione – è il parere della criminologa - era di per sé atta a cagionare la morte, ma le lesioni hanno tutte carattere di vitalità. C’era attività circolatoria, non si sono manifestate lesioni tipiche da difesa, significa che Chiara non si è difesa da questi colpi. E non è stato possibile, proprio perché erano tutte vitali, dire quale lesione è stata inferta prima. Quindi l’autopsia non ci dice quale è stata la prima lesione e quale è stata l’ultima”.

“Poi ci sono i tagli sulle palpebre – illustra ancora Bolzan - Il mezzo lesivo è stato utilizzato o forse è stato qualcos’altro. Non credo alla tortura, sicuramente è un mezzo lesivo diverso rispetto alle altre, è molto più superficiale, ma non credo siano sevizie. Contrasta con la dinamica dell’azione omicidiaria: è un altro mezzo ma chi infligge sevizie non agisce in quel modo, riesce a mantenere una certa freddezza”.

C’è poi il foro sopra l’orecchio di Chiara. “Più che un foro – precisa la criminologa – parlerei di una lesione con un diametro molto piccolo, leggermente sopra l’orecchio. Difficile ipotizzare un terzo mezzo, ma una considerazione del dottor Manieri (esperto di balistica che ha studiato il caso, ndr) mi ha colpito. La possibile presenza di un portavaso in ferro battuto che aveva dei ricci, in base alla sua consulenza c’è una certa compatibilità qualora Chiara fosse caduta, attraverso il contatto con una pressione”.

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