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SCARLINO

Licenziamento "ingiusto e discriminatorio", il giudice ordina il reintegro e il risarcimento

La Cgil: "Chiediamo anche all'Amministrazione comunale se sia ritenuto accettabile quanto sta accadendo all'interno della struttura"

Roberto Bata

13 Luglio 2025, 19:37

Il licenziamento dal porto di Scarlino era "ingiusto e discriminatorio", il giudice ordina il reintegro del lavoratore e il risarcimento

Il Tribunale di Grosseto

Il Tribunale del Lavoro di Grosseto ha dichiarato nullo per natura discriminatoria il licenziamento di un lavoratore del porto turistico di Scarlino, inquadrato come torrista da oltre dieci anni ed espulso dall’azienda nel febbraio 2024 con motivazioni legate al suo stato di salute. "Uno stato di salute – fanno sapere dal sindacato – conosciuto dall’azienda da anni, che non gli aveva mai impedito il regolare svolgimento delle sue mansioni".

A darne notizia è la Cgil di Grosseto, che ha promosso la causa e ha seguito la vicenda. Il lavoratore è stato assistito in aula dall’avvocato Paolo Martellucci, specializzato in diritto del lavoro. "A essere condannata – dichiarano dalla Cgil – è La Marina Srl, società che gestisce il porto di Scarlino, che fa parte di una galassia di aziende, con l’obiettivo si stare sotti ai 15 dipendenti, riconducibili al gruppo Baia Scarlino e alla gestione imprenditoriale riferibile allo stilista Ferragamo. Proprio il limite dimensionale sotto i 15 dipendenti è quello che, grazie alle riforme del Jobs Act, consente oggi minori tutele e più margini per licenziamenti 'alleggeriti'. Licenziamenti che spesso, per le aziende che sotto alla stessa stella gravitano intorno alle attività del porto, sono stati accompagnati a esternalizzazione dei servizi, dal giardinaggio alle pulizie, con conseguente risparmio sul personale e sulla forza lavoro, soprattutto locale".

"Non è il primo problema per questa società: già nel 2024 – ricordano dal sindacato – gli utenti rappresentati dal Comitato Porto Canale fecero valere le proprie ragioni e più recentemente il Tribunale di Grosseto ha dovuto intervenire anche sul fronte della trasparenza e della partecipazione degli utenti alle decisioni sulla gestione del porto, confermando l'obbligo di coinvolgimento dei diportisti nelle scelte della struttura. Una conferma delle criticità di governance che da tempo emergono intorno a questa realtà portuale".

"Questa ulteriore sentenza – rimarca la Cgil – riguarda direttamente un lavoratore ed è quindi lecito domandarsi quale visione del lavoro guidi davvero le scelte aziendali in una realtà come quella del porto di Scarlino. L’amministratore delegato della Marina Srl, in quanto vertice gestionale, dovrebbe chiarire se quanto accaduto in questi anni, compreso il caso oggetto della sentenza, rispecchi una strategia deliberata oppure una deriva che merita correzione. Non si può puntare all’eccellenza turistica e nautica mantenendo una linea che riduce i diritti e spegne le competenze. Una struttura prestigiosa come questa dovrebbe rappresentare un'eccellenza anche nelle relazioni industriali e nel rispetto delle persone che la fanno funzionare ogni giorno"

"Quanto successo recentemente invece – ricordano – riguarda direttamente la vita di un lavoratore, un torrista del porto, l’ultimo rimasto, che ha deciso di non piegarsi alle motivazioni fornite dall’azienda per il suo licenziamento. Reputate da subito ingiuste e discriminatorieIl giudice Giuseppe Grosso, con la recente sentenza del 9 luglio, ha infatti stabilito che il datore di lavoro fosse consapevole da oltre dieci anni dell'inidoneità parziale del lavoratore a compiti gravosi, conseguenza di una protesi all’anca. Il datore, nonostante questo, ha comunque tentato di ampliare arbitrariamente le mansioni del lavoratore, assegnandogli anche il ruolo di ormeggiatore per imbarcazioni da diporto non superiori a 16 metri, praticamente tutte quelle del porto, dopo un referto medico compilato da un dottore incaricato dall’azienda nel novembre 2023. Il ruolo dell’ormeggiatore, come era a conoscenza anche l’azienda, non era mai più stato svolto dal lavoratore, dall’anno 2010 proprio per via delle sue condizioni di salute. Dopo il legittimo rifiuto del lavoratore e un nuovo certificato medico della Asl re-inoltrato all’azienda nel dicembre 2023, dove si ribadivano i limiti fisici di lunga data, l’azienda ha temporeggiato per una nuova decisione, consigliando al lavoratore un piccolo periodo di ferie. Per poi fornire, come alternativa al suo contratto a tempo indeterminato, un ritorno a torrista ma con un part-time verticale da maggio a settembre. Più precisamente un contratto che avrebbe previsto 24 ore di lavoro settimanali nei mesi di maggio e settembre, e 40 ore per i mesi di picco estivo. Il lavoratore, vista la proposta discriminatoria e riduttiva del suo precedente ruolo in azienda, non ha accettato e l’azienda lo ha licenziato per “impossibilità sopravvenuta” a svolgere le mansioni". 

"La condotta dell’azienda, secondo il giudice, configura una violazione del diritto alle pari opportunità dei lavoratori disabili, e che non può essere giustificata con mere esigenze organizzative. Il datore di lavoro (come si legge nella sentenza) aveva l'obbligo di “adottare accomodamenti ragionevoli”, come previsto dalla normativa europea e italiana a tutela delle persone con disabilità. Accomodamenti che in questo caso erano pienamente realizzabili, vista la lunga esperienza del lavoratore e le mansioni già adeguate alla sua condizione. La Marina Srl ha consapevolmente costruito un percorso per portare al licenziamento il lavoratore – spiega la Cgil Grosseto – con l’obiettivo di ridurre il personale esperto a tempo indeterminato, come già avvenuto per altri ormeggiatori e torristi dal 2018 in poi. Una strategia che reputiamo davvero controproducente, sia per i lavoratori che per un’azienda che lavora con clienti di prestigio in una località rinomata. L’azienda ha cercato in tutti i modi di evitare una reintegrazione piena. La proposta del nuovo contratto andava in quella direzione, decisamente irricevibile, che mirava solo a spingere il lavoratore fuori dall’organico».

Il Tribunale ha invece riconosciuto il carattere discriminatorio del licenziamento e ha disposto la reintegrazione, oltre al risarcimento di tutte le mensilità perse – da febbraio 2024 a luglio 2025 – oltre alla possibilità, in alternativa, di ottenere 15 mensilità aggiuntive in caso di rinuncia al reintegro.

"Ci chiediamo – concludono dalla Cgil di Grosseto – se davvero questo sia il biglietto da visita che il porto di Scarlino vuole offrire al mondo. Lavoro fragile, incertezza e riduzione delle competenze sono un danno non solo per chi li subisce, ma per l’intero territorio. Chiediamo anche al Comune di Scarlino se quanto sta accadendo all’interno del porto sia ritenuto accettabile, considerando che l’Amministrazione è l’ente preposto alla gestione delle concessioni. Finora, da parte del Comune, abbiamo visto solo un ruolo formale, senza entrare nel merito della situazione occupazionale e gestionale. Quanto accade al porto non interessa?. Questa vicenda mostra in modo drammatico le fragilità di un sistema portuale gestito da micro-aziende che spaccano la forza lavoro per depotenziare i diritti. Un sistema che spinge i lavoratori a rinunciare alla solidarietà collettiva in cambio di piccoli benefit individuali. La sentenza, seppur coinvolga un solo lavoratore, è simbolica e importantissima. Restituisce infatti dignità non solo al lavoratore, ma a tutti quelli che come lui hanno subito licenziamenti ingiusti senza poter far sentire la propria voce". 

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