Il caso
Ad oggi, l’incidente probatorio disposto dalla Procura di Pavia sull’omicidio di Chiara Poggi ha prodotto sviluppi importanti, pur senza aver ancora portato a una svolta definitiva. L’intera attività, iniziata nel giugno 2025 e ancora in corso, ruota attorno all’analisi di 35 reperti raccolti sulla scena del crimine nel 2007, alcuni dei quali mai analizzati prima con le tecnologie odierne. L’obiettivo è capire se vi siano elementi che possano supportare l’ipotesi di un concorso nell’omicidio e, in particolare, verificare il ruolo di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e già finito al centro di alcune attenzioni investigative anni fa.
Durante le operazioni peritali, eseguite presso la Questura di Milano, è stato accertato che le impronte digitali ritrovate su alcuni oggetti della casa — come la porta d’ingresso, sacchi della spazzatura e confezioni alimentari — non contenevano tracce di sangue umano. Anche la cosiddetta “traccia 10”, ovvero un’impronta parzialmente visibile sulla porta di ingresso, è risultata negativa al test OBTPi, una sofisticata analisi in grado di individuare microtracce ematiche. Questo dato ridimensiona notevolmente la portata accusatoria delle impronte in sé, che non possono più essere associate con certezza all’aggressione.
Al centro delle analisi restano però i risultati ottenuti già nel 2007: sotto le unghie di Chiara vennero rilevati due profili di DNA maschile, uno dei quali attribuibile ad Andrea Sempio e un secondo mai identificato. All’epoca questa evidenza venne ritenuta non dirimente, ma le attuali indagini stanno rivalutando quei dati alla luce di tecniche genetiche più avanzate e della maggiore attenzione alla conservazione dei reperti biologici. I periti hanno escluso, finora, che vi sia stata contaminazione del materiale genetico, confermando la validità delle tracce raccolte sotto le unghie della vittima. Questo elemento resta dunque uno dei più critici nell’attuale fase istruttoria.
Non sono invece state riesaminate, almeno per ora, le impronte identificate con il numero “33”, che in passato erano state associate a Sempio e si trovavano su una parete lungo le scale della casa. Queste non rientrano nel set di reperti attualmente analizzati, ma la difesa di Alberto Stasi ha chiesto una nuova consulenza proprio su questo punto, sostenendo che quell’impronta sia stata lasciata durante l’aggressione e non in un momento precedente. La loro relazione dovrebbe arrivare nelle prossime settimane e potrebbe rappresentare uno snodo cruciale, soprattutto se dovesse suggerire una nuova ricostruzione della dinamica dell’omicidio.
In attesa della relazione finale dei periti, prevista per fine ottobre 2025, resta ancora aperta la possibilità che il lavoro svolto in questa fase probatoria dia impulso a nuove imputazioni o perfino a una revisione della condanna di Stasi. Le analisi sulla spazzatura trovata nella casa, sui cartoni di Fruttolo e Estathé, sulle etichette e altri materiali, finora non hanno rivelato presenze estranee alla vittima e all’imputato già condannato. La pista del DNA, però, è quella che al momento mantiene viva la prospettiva di un’inversione di marcia nella verità giudiziaria di uno dei casi più noti e controversi della cronaca italiana.
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