Guerra Russia-Ucraina
La stretta di mano tra i presidenti
Il vertice in Alaska è stata una sconfitta colossale per l'Occidente. Come ho detto tante volte, Trump non è l'uomo della pace; è l'uomo che gestisce la sconfitta strategica della Nato in Ucraina per mano della Russia. E' il parere del professor Alessandro Orsini, espresso in un post sulla sua pagina Facebook, dopo il vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin.
"Nell'incontro in Alaska - osserva il professore - Trump ha assunto la gestione di questa sconfitta in modo ufficiale e in forma solenne. La guerra finirà come avevo previsto il 24 febbraio 2022, giorno dell'invasione: l'Ucraina sarà sovrastata e smembrata. Perderà le sue regioni più ricche e strategiche e quasi tutto lo sbocco al mare. La mia analisi era corretta".
Alessandro Orsini
Il giorno dopo il vertice ad Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin segna una svolta delicata e controversa nella diplomazia internazionale. Trump appare cambiato: rinuncia al suo precedente insistente appello per un cessate il fuoco, spostando il focus verso un accordo di pace globale. Questa inversione di rotta, in sintonia con la proposta di pace di Mosca, ha lasciato alleati europei e Kiev con una sensazione di profonda incertezza.
Nonostante le critiche, Trump ha mantenuto un tono positivo, definendo l’incontro “estremamente produttivo” e sostenendo che "molti punti sono stati concordati". Ha annunciato che sarebbe stato lui a chiamare i leader della NATO e il presidente Zelensky, forse per avviare uno sviluppo successivo della trattativa. Alcuni pensano che questa mossa rappresenti un tentativo dinamico di riposizionamento, mentre altri lo vedono come un tentativo patriottico di giocare da mediatore centrale.
Nel frattempo, l’Europa mostra reazioni miste. Da un lato, leader come quelli del Regno Unito, della Germania e dell’Italia esprimono cauta speranza, augurandosi garanzie per l’Ucraina e ribadendo che non si possano fare accordi a sua insaputa. Dall’altro, Stati che vedono il summit come uno smacco, sottolineano il rischio di una concessione troppo generosa al Cremlino.
Mosca, da parte sua, incassa una vittoria simbolica: Putin è tornato sotto i riflettori globali, accolto come un ospite dignitoso sul suolo americano, quasi riabilitato sul piano diplomatico. Nessuna nuova sanzione, nessuna linea rossa tracciata, nessuna condanna esplicita. Di fatto, Trump sembra aver tolto dal tavolo, almeno per ora, le minacce economiche.
Anche Zelensky ha subito un ruolo marginale: escluso dal summit, è stato comunque contattato da Trump subito dopo, e convocato per un incontro a Washington. Un passo che potrebbe sembrare conciliatorio, ma provoca incertezza: il leader ucraino dovrà fare i conti con una diplomazia forse meno aggressiva verso la Russia, ma altrettanto ambigua.
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