L'omicidio di Chiara Poggi
Il delitto di Garlasco continua a essere l'argomento più dibattuto della cronaca giudiziaria italiana. A riaccendere il dibattito è stato Alessandro De Giuseppe, giornalista de Le Iene, intervenuto come ospite del podcast Oltre la tempesta, due ore fitte di rivelazioni, riflessioni e mezze verità che lasciano intravedere sviluppi definiti dallo stesso autore come “clamorosi”. Ne ha parlato anche il giornalista Emanuele Pieroni, sul giornale Mowmag, con un ampio articolo.
“Penso che potrete vedere quel servizio mai andato in onda non appena riprenderà la stagione delle Iene, quindi già da fine gennaio. Ma vedremo. Perché forse riusciremo anche a aggiornarlo con altro materiale a nostro avviso molto significativo”. Così De Giuseppe ha parlato del servizio annunciato anni fa e mai trasmesso, un lavoro che – come già anticipato dallo stesso Mow – sarebbe rimasto fermo su richiesta della Procura.
Nel corso del podcast, De Giuseppe ripercorre l’inizio del suo coinvolgimento nel caso, avvenuto ormai nove anni fa, affiancato dall’ex autore delle Iene Luigi Grimaldi, considerato una sorta di memoria storica dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi. Ma il racconto non è celebrativo: il giornalista prende le distanze dalla spettacolarizzazione mediatica e dall’ossessione che, a suo dire, ha finito per snaturare il lavoro giornalistico. Informare non può significare sostituirsi ai tribunali: chi indaga deve indagare, chi racconta deve sapere dove fermarsi.

Un momento del podcast
Proprio questo principio avrebbe guidato la scelta di non mandare in onda il servizio. “Abbiamo incontrato una persona – dice – una testimonianza diretta e circostanziata, che dice di aver visto un’altra persona in un posto in cui non avrebbe dovuto essere. Abbiamo consegnato tutto alla procura e, come sapete, ci hanno chiesto di aspettare. È quello che stiamo facendo, ma penso che ormai siamo vicini alla possibilità di andare in onda”.

Chiara Poggi
Nel frattempo, il lavoro non si è mai interrotto. De Giuseppe racconta di essere tornato spesso a Garlasco, di aver raccolto altri elementi e di essersi confrontato anche con la famiglia Poggi. In un episodio emblematico, ricorda l’incontro con il padre di Chiara in un bar del paese. “De Giuseppe – gli avrebbe detto – lei ci fa i servizi contro”. La risposta del giornalista chiarisce la sua posizione: “Ho cercato di spiegargli – è stata la mia risposta – che i nostri non sono servizi contro, ma per la ricerca della verità. Però io non me la sento di giudicare i Poggi, anzi”.
Il giudizio, semmai, resta sospeso su altri fronti. “Ma preferisco non parlare – dice ancora De Giuseppe – meglio che sto zitto”. Un silenzio che racconta molto del clima che si respira ancora oggi attorno a Garlasco e delle resistenze che emergono quando si toccano certi equilibri.
Non è casuale, secondo Mow, che accanto alla nuova inchiesta della Procura di Pavia sull’omicidio Poggi, ne proceda un’altra a Brescia, orientata a fare luce su un presunto sistema di potere che coinvolgerebbe colletti bianchi, magistratura, forze dell’ordine, imprenditoria, Chiesa e politica. Anche questo scenario viene richiamato nel podcast, e De Giuseppe lascia trapelare uno dei punti più controversi: “C’è la possibilità che il dna sui pedali della bici di Alberto Stasi ce lo abbiano messo – afferma – tutto quel dna quando di solito se ne trovano quantità minime che appare dopo una telefonata che arriva è molto interessante. No?”.
Il tono si fa amaro quando il giornalista parla dell’esposizione mediatica del caso. “Io parlo poco – aggiunge il giornalista delle Iene – perché poi se parlo mi sale la carogna. Vedo gente andare in TV a raccontare consapevolmente delle bugie o a parlare a vanvera”. Ma la convinzione finale è netta: “Quando sarà finita questa storia, vi garantisco che questa indagine arriverà in fondo e i veri colpevoli (plurale) del delitto di Garlasco verranno assicurati alla giustizia, sarà chiaro a tutti, come già sembra esserlo, che Alberto Stasi è innocente”.

Alberto Stasi con l'avvocato Giada Bocellari
Non è una questione di schieramenti, ribadisce De Giuseppe, ma di onestà intellettuale. “Qui – aggiunge De Giuseppe – non c’è da schierarsi, c’è da guardare i fatti oggettivamente con onestà intellettuale. Credo che la Procura di Pavia abbia ben chiaro tutto: il movente, quante persone c’erano in quella villetta di via Pascoli nel giorno del delitto. Questa vicenda arriverà fino in fondo con un’altra verità, ma c’è da essere tristi per la condizione della giustizia italiana”.
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