L'omicidio
Liborio Cataliotti e (nel riquadro) Massimo Giletti
"Le chiedo: è vero che lei ha adottato la strategia fatto di non farlo parlare neanche coi pm?". La domanda di Massimo Giletti è per Liborio Cataliotti, avvocato di Andrea Sempio. L'intervista al legale è stata al centro del blocco dedicata al delitto di Garlasco nella puntata di lunedì 8 dicembre di Lo Stato delle Cose, su Rai Tre.
L'intervista completa
"Decideremo io e l'avvocato Taccia - risponde il legale - Le dico però che il Codice di procedura penale garantisce un piccolo vantaggio a chi viene indagato, cioè quello come fosse, lo dico cinicamente, una partita di poker, di potere parlare dopo la discovery, cioè dopo aver visto le carte di chi accusa. Ebbene, questo piccolo vantaggio io vorrei che venisse effettivamente utilizzato dal mio cliente. Se poi ci fossero contingenze invece che imponessero o inducessero che facesse dei chiarimenti in relazione a singoli atti o a singole prove, per carità, non voglio escludere nulla".

L'impronta 33
"Voi avete detto, lei l'avvocato Taccia, praticamente questa è una prova perfettamente inutile. Ci spiega perché secondo lei è inutile?", chiede Giletti.
"Io non ho certo voluto mancare di rispetto alla perita Albani, alla dottoressa Albani - risponde Cataliotti - la cui perizia, anzi apprezzo a tal punto che difficilmente muoverò serie critiche o domande polemiche in sede di incidente probatorio. Il mio approccio non è quello del genetista a questo tema, ma è quello del giurista. Nella perizia a pagina 75 si legge "Non è possibile considerare le tre sessioni di tipizzazione relative a ciascun margine ungueale come repliche". Si riferisce alle repliche che vennero fatte dal professor De Stefano, perito, come tutti sanno, della Corte d'Assise d'Appello del processo Stasi, ma è opportuno prenderle in considerazione come risultanti indipendenti, one shot. Cioè il professor De Stefano fece più repliche non con lo stesso quantitativo, non dettero lo stesso risultato ed è improprio dal punto di vista scientifico. Queste sono affermazioni della dottoressa Albani, è improprio definirle tecnicamente repliche. La Cassazione dice che allor quando non ci siano repliche in senso proprio, quel risultato, quella comparazione vale ciò che io ho detto con una rappresentazione, non lo nego, teatrale, ma molto efficace, vale zero. Dal mio punto di vista vale zero, ma vale zero soprattutto dal punto di vista della Cassazione, che dice che non è neppure un indizio".

Massimo Giletti
"Ha citato la Cassazione – incalza Giletti - quindi sarà uno scontro tra perizie. Ma la domanda che le faccio da comune cittadino, come potrebbe essere accaduto che il dna riconducibile alla linea maschile della famiglia Sempio sia andato proprio sulle unghie della vittima?".
"In effetti – risponde l’avvocato - noi del pool difensivo non ci siamo fermati al dato giuridico. Sarebbe facile trincerarci dietro questa che è una valutazione giuridica, ma abbiamo voluto prendere in considerazione anche l'ipotesi che non è un'ipotesi scellerata, che è un'ipotesi assolutamente possibile, che quella valutazione sia pure one shot, cioè non replicata, un valore ce l'abbia, sia pur come prova o come indizio che ci sia stato un contatto, non sappiamo di quale natura, fra una superficie toccata da Chiara Poggi e un'altra toccata da Andrea Sempio. Ecco perché, proprio per mera chiarezza e per non difenderci dal processo, ma offrire una verità alternativa che ci sembra terribilmente serio, a qualcuno non piacerà, ma a me sembra un approccio serio e non contraddittorio come qualcuno ha detto, stiamo predisponendo una nostra perizia sui possibili punti di contatto indiretto".

Liborio Cataliotti
"In modo concreto, ma Chiara cosa ha fatto? Si è lavata le mani la mattina? È probabile. Quindi come va a trovarsi sulle unghie? Visto che in quella casa, mettiamo, Sempio era da molti giorni che non era andato". "Andrea Sempio era andato fino al 4. Uso le parole che usò il professor De Stefano nel 2017 interrogato dal pubblico Ministero Venditti. Citò il caso di un esempio, fece un esempio di un processo noto. Il dna su una superficie può rimanere 27 anni. Il dubbio che ci siamo posti noi è ammesso che Chiara quella mattina possa essersi lavata le mani, è altamente verosimile, può essere venuta a contatto con superfici che fossero usualmente toccate, sia pur non in tempo immediatamente precedente, una, due, tre settimane prima dal nostro cliente? Questo è l'esercizio che abbiamo fatto, dotandoci della planimetria dell'immobile, interrogando Andrea Sempio, comparando quello che ci ha detto stragiudizialmente, fuori dal processo Andrea Sempio, con quelle che sono le risultanze processuali. Il mio perito sta ipotizzando 15, forse 20 punti di possibile contatto".
Ancora Giletti: "A me però rimane strano che non si trovi il dna di Stasi e si trovi quello riconducibile alla linea familiare maschile di Sempio. Questo è un punto oscuro per me".
"No – ribatte l’avvocato - questo è un grande equivoco, perché in realtà. Non è oscuro ed è facilmente spiegabile. Il reperto di dna trovato sulle mani di Chiara Poggi, non possiamo dire se sopra o sotto le unghie, lo ha detto la stessa perita Albani, questo è un aplotipo Y misto, cioè lasciato da più persone, due, ma forse più di due. Semplicemente vi era un reperto più facilmente isolabile, cioè il reperto che poi è stato comparato con Stasi, con Sempio, con gli altri frequentatori della casa e quello parrebbe e uso il condizionale, fosse riconducibile alla famiglia Sempio. Il che non esclude che quello invece che era ancora più deteriorato, fosse riconducibile ad altri".
Giletti non si ferma: "Avvocato, però le chiedo una cosa, sull'unica unghia che non è stata toccata e analizzata dai Ris allora, all'epoca, è stato trovato molto molto dna riconducibile alla linea familiare di Andrea Sempio. Quella è un'unghia che non è stata toccata, analizzata. Non la fa pensare almeno questo?". "E questo dato lei da dove lo ricava? Perché non lo ricava certo dalla perizia Albani". "È un'indiscrezione che ho avuto". "Quando l'indiscrezione diventerà prova bene, quando l'indiscrezione risulterà prova, io ragionerò sulla prova", chiude la questione Cataliotti.

Poi lo scontrino: "Prima era alibi e poi potrebbe essere qualcosa di diverso contro Sempio", il famoso scontrino, il benedetto scontrino del parcheggio di Vigevano".
"Io so che l'originale di quello scontrino non è mai stato sequestrato, so che ne parlò il 4 ottobre 2008 sentito come testimone Andrea Sempio, non so se gli sia stata chiesta espressamente la consegna e non lo so perché la domanda venne rappresentata rappresentata con un acronimo, adr, a domanda rispondo e quindi non si sa quale fosse la domanda, non si sa se gli abbiano chiesto "Hai la prova di dove fossi o meno?". Vi dico che se fosse un processo non sarebbe un alibi, non lo sarebbe perché non indica la targa dell'auto, ricordiamo che la famiglia aveva solo un'autovettura in dotazione, né tantomeno il nome di chi di chi quell'auto la utilizzò quella mattina. Quindi è improprio definirlo alibi. È evidente che se quell'affermazione fatta da Andrea Sempio si rivelasse falsa, non corretta, un rilievo sia pur indiziario lo verrebbe ad avere".
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy