Toscana
La schiacciata di Pasqua
In Toscana, la Pasqua ha un profumo ben preciso: quello della schiacciata, il dolce lievitato che ogni anno torna sulle tavole come un rituale. Ma si tratta davvero solo di un dolce? O è piuttosto una memoria viva, una fetta di tradizione che racconta storie contadine e gesti tramandati?
Conosciuta anche come “ciaccia” o “sportina” a seconda delle zone, la schiacciata di Pasqua nasce come un pane arricchito per celebrare la fine del digiuno quaresimale. Col tempo, è diventata un dolce soffice e profumato, grazie all’aroma inconfondibile dei semi di anice e ai liquori come vin santo o rosolio.
La mattina di Pasqua, in molte famiglie, la giornata inizia proprio con una fetta di schiacciata, spesso accompagnata da un uovo sodo benedetto o da una fetta di salame. È una colazione semplice ma densa di significato, che riunisce generazioni attorno alla tavola imbandita. In Maremma, terra di uliveti e pascoli, la tradizione si mantiene viva: la schiacciata si prepara in casa con ingredienti genuini e si condivide tra parenti e vicini, magari ancora calda di forno, mentre fuori il primo sole di primavera scalda la campagna.
Farina, uova, zucchero, burro, olio extravergine, anice, pazienza: è tutto qui? Eppure, il segreto sta nella lunga lievitazione, a volte di due o tre giorni, che le dona quella consistenza unica che non somiglia a nessun altro dolce del periodo. A Livorno è più leggera, a Lucca diventa “pasimata” e si arricchisce con uvetta e scorza d’arancia. Quanto può raccontare una semplice variazione di impasto?
La schiacciata non è però solo colazione, è anche merenda condivisa, compagna di picnic e simbolo di accoglienza. La si spezza in famiglia, tra chiacchiere e ricordi, mentre si celebra il ritorno della luce e della vita. È possibile allora che il vero significato della festa risieda proprio in questa tradizione?
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