Renato Carosone nell'ultima intervista a TV2000 (YouTube)
Renato Carosone è stato una delle figure più rappresentative della musica italiana del Novecento, un artista capace di unire tradizione partenopea, sonorità internazionali e ironia popolare. La sua vicenda personale e artistica riflette non solo l’evoluzione della canzone napoletana, ma anche i profondi cambiamenti culturali e sociali dell’Italia del dopoguerra.
Nato a Napoli il 3 gennaio 1920, Carosone dimostrò sin da bambino una naturale predisposizione per la musica. Dopo gli studi al Conservatorio di San Pietro a Majella, dove conseguì il diploma in pianoforte a soli diciassette anni, iniziò la sua avventura professionale. Quasi subito lasciò l’Italia per trasferirsi in Africa Orientale Italiana, dove trovò lavoro come pianista in sale da ballo e teatri ad Addis Abeba. L’esperienza africana, interrotta dallo scoppio della Seconda guerra mondiale, si rivelò fondamentale: fu proprio lì che entrò in contatto con culture musicali diverse, assorbendo ritmi e sonorità che più tardi avrebbero reso unica la sua cifra stilistica.
Rientrato a Napoli dopo la guerra, Carosone iniziò a costruire la sua carriera. Il vero punto di svolta arrivò nel 1949, quando formò il suo storico trio con il chitarrista olandese Peter Van Wood e il batterista napoletano Gegè Di Giacomo. Il gruppo ottenne un successo immediato grazie a uno stile fresco, ironico, in cui le radici popolari si intrecciavano con il jazz, lo swing e i ritmi latinoamericani. Da questa combinazione nacquero brani che sarebbero diventati immortali, come “Tu vuò fà l’americano”, “Maruzzella”, “’O Sarracino”, canzoni che raccontavano la Napoli moderna con un linguaggio diretto, divertente e universale.
Carosone con Peter Van Wood
Il successo di Carosone travalicò rapidamente i confini italiani. Negli anni Cinquanta e Sessanta portò la sua musica in tournée internazionali, arrivando a esibirsi negli Stati Uniti e persino alla Carnegie Hall di New York, un traguardo straordinario per un artista italiano dell’epoca. In quel periodo la sua popolarità era tale che i suoi dischi vendevano milioni di copie, mentre le sue canzoni venivano tradotte e reinterpretate in diverse lingue.
Sorprendentemente, nel 1960, all’apice della carriera, Carosone annunciò il suo ritiro dalle scene. Stanco della vita da tournée e desideroso di dedicarsi a una dimensione più privata, lasciò i palcoscenici in un momento in cui avrebbe potuto continuare a raccogliere successi. Tuttavia, il suo ritiro non fu definitivo: negli anni Settanta e Ottanta tornò sporadicamente a esibirsi e a incidere, con un entusiasmo mai sopito. Memorabile rimase il suo ritorno televisivo negli anni Novanta, che fece scoprire la sua arte anche a nuove generazioni.
Renato Carosone morì a Roma il 20 maggio 2001, all’età di 81 anni, lasciando un’eredità musicale ancora oggi vivissima. La sua figura resta centrale nella storia della canzone italiana non solo per la qualità delle composizioni, ma anche per la capacità di innovare senza mai tradire l’anima popolare di Napoli.
Una delle curiosità più affascinanti riguarda la sua musica: pur essendo profondamente radicato nella tradizione partenopea, Carosone riuscì a creare un linguaggio musicale universale, al punto che in America venne considerato un antesignano del rock ’n’ roll mediterraneo. Altra peculiarità fu il suo atteggiamento ironico e scanzonato, che lo rese amatissimo anche dal pubblico più giovane, in un’epoca in cui la canzone napoletana era spesso percepita come legata al passato.
Oggi Carosone è ricordato come un artista che seppe anticipare i tempi, con una freschezza che rende le sue canzoni ancora attuali. Il suo lascito dimostra come la musica, quando nasce dall’incontro fra radici autentiche e apertura al mondo, possa superare le barriere del tempo e dello spazio.
Dopo la sua scomparsa, la fortuna postuma di Carosone è stata sorprendente. Le sue canzoni sono state riproposte in film, serie televisive e pubblicità, diventando colonna sonora di momenti collettivi e riportandolo costantemente all’attenzione del pubblico. Brani come “Tu vuò fà l’americano” sono stati reinterpretati da artisti internazionali, campionati in brani pop e dance, e hanno trovato nuova vita persino sulle piste da ballo del nuovo millennio. In particolare, la rielaborazione moderna di alcuni suoi motivi ha contribuito a renderlo familiare a una generazione che non lo aveva mai visto esibirsi dal vivo.
Il cinema ha avuto un ruolo decisivo in questa riscoperta. Film ambientati a Napoli o legati al dopoguerra italiano hanno spesso scelto le sue canzoni come simbolo di un’epoca in cui la città era vibrante, caotica e aperta al mondo. Allo stesso tempo, festival e rassegne musicali gli hanno dedicato omaggi, mentre numerosi giovani cantautori hanno rivendicato la sua influenza, riconoscendo in Carosone un precursore dell’ibridazione musicale che oggi è la norma.
Così, a più di vent’anni dalla morte, Carosone non è soltanto un ricordo della Napoli del passato, ma una presenza viva e attuale, capace di parlare al presente con la stessa ironia e forza innovativa che lo avevano reso celebre. La sua musica continua a incarnare la leggerezza intelligente, la capacità di raccontare la vita quotidiana con ironia e ritmo, mantenendo intatta la sua energia contagiosa.
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