TRADIZIONI
Il cotechino con le lenticchie
Con il cenone di Capodanno ormai alle porte, l'Italia si prepara a imbandire una tavola dove nulla è lasciato al caso. Ogni piatto, da nord a sud, non è solo una specialità gastronomica, ma un vero e proprio rito augurale. Tra lenticchie, cotechino, uva e dolci tradizionali, il passaggio al nuovo anno si celebra con sapori antichi che promettono abbondanza, prosperità e buona sorte.
I simboli della fortuna
Regine indiscusse della notte di San Silvestro sono le lenticchie, simbolo universale di ricchezza. La loro forma rotonda ricorda quella delle monete e affonda le radici nell'antica Roma, quando venivano regalate in piccole borse di cuoio con l'augurio che si trasformassero in denaro nel nuovo anno. Accanto a loro non manca il cotechino o lo zampone, salumi grassi di maiale — animale da sempre associato a fecondità e abbondanza — soprattutto nelle regioni del Nord, con l'eccellenza del cotechino di Modena IGP.
A mezzanotte, in alcune famiglie, soprattutto a Napoli, si consumano 12 chicchi d'uva, uno per ogni mese dell'anno: un rito di origine spagnola che promette fortuna se si riesce a mangiarli tutti allo scoccare dei rintocchi.

Perché proprio le lenticchie?
Il legame tra lenticchie e fortuna nasce nell'antica Roma. Gli antichi le donavano come augurio di ricchezza durante le celebrazioni dedicate a Giano, inizialmente il 1° marzo. La parola latina lens richiama la forma di piccola lente, simile alle monete, e persino il suono dei semi secchi che tintinnano ricorda quello del denaro. Nutrienti e facilmente conservabili, le lenticchie rappresentavano anche sicurezza e sopravvivenza, soprattutto per le classi più umili.
Con il tempo, la tradizione si è spostata alla notte del 31 dicembre e si è consolidata nell'abbinamento con il cotechino, diventando uno dei riti più amati e diffusi d'Italia. Oggi si scelgono varietà pregiate, come quelle di Castelluccio o di Ustica, e si consumano dopo mezzanotte, quasi a "contare" i chicchi come fossero monete future.
Un viaggio culinario da Nord a Sud
Il cenone cambia volto attraversando la Penisola. Al Nord, il Piemonte celebra con agnolotti del plin, brasato al Barolo e bollito misto accompagnato da sette salse. In Lombardia trionfano risotto alla milanese e ossobuco, mentre il Veneto porta in tavola baccalà mantecato e sarde in saor. In Trentino-Alto Adige il clima di festa profuma di canederli in brodo e strudel di mele.

Nel Centro Italia, la Toscana apre con crostini di fegatini e prosegue con cinghiale in umido. L'Umbria punta sulle celebri lenticchie di Castelluccio di Norcia con cotechino, mentre nel Lazio non mancano baccalà fritto e carciofi alla romana.

Al Sud, la tradizione si fa intensa e simbolica: in Campania si gustano spaghetti alle vongole e capitone fritto, chiusi dagli struffoli al miele. In Puglia arrivano anguilla marinata e cartellate, mentre la Sicilia conclude il cenone con involtini di carne e cannoli di ricotta.

Curiosità e riti scaramantici
Accanto al cibo, resistono gesti carichi di significato. La melagrana, con i suoi chicchi rossi e numerosi, è simbolo di fertilità e prosperità ed è spesso regalata come pianta augurale. In alcune zone del Sud si usa ancora gettare oggetti vecchi dalle finestre per scacciare la sfortuna, mentre la tradizione dell'intimo rosso affonda le radici addirittura nell'epoca dell'imperatore Augusto.

Tra superstizione e piacere, il cenone di Capodanno resta così un rito collettivo che unisce l'Italia: un modo gustoso e simbolico per augurarsi che l'anno nuovo sia, almeno a tavola, ricco e fortunato.
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