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Stasera di nuovo in tv
Ci sono film che accompagnano il Natale e poi c’è “Miracolo nella 34esima strada” del 1994, quello che per moltissime persone segna ufficialmente l’inizio delle feste. Non è solo una tradizione televisiva o un remake riuscito: è una storia che, a distanza di decenni, continua a funzionare perché parla di fiducia, di infanzia e di un bisogno di magia che non smette mai di esistere, soprattutto negli adulti.

Il film, diretto da Les Mayfield, è il rifacimento del classico del 1947, ma non si limita a copiarlo. Lo aggiorna, lo rende più vicino alla sensibilità contemporanea e lo fa senza tradire il cuore della storia. Ambientato nella New York degli anni Novanta, ruota ancora una volta attorno ai grandi magazzini Macy’s e alla loro iconica parata del Giorno del Ringraziamento. È qui che entra in scena Kris Kringle, interpretato da Richard Attenborough, un Babbo Natale così credibile da sembrare uscito direttamente dall’immaginario collettivo.
Il punto centrale del film non è mai la domanda “Babbo Natale esiste davvero?”, ma qualcosa di molto più profondo: è ancora possibile credere in qualcosa che non può essere dimostrato? In un mondo sempre più cinico, veloce e iper-razionale, il film mette al centro lo scontro tra pragmatismo e speranza. Dorey Walker, interpretata da Elizabeth Perkins, è una donna moderna, manager di successo, che ha deciso di crescere la figlia Susan senza illusioni. Susan, a cui dà il volto una giovanissima Mara Wilson, è intelligente, lucida, disincantata. Babbo Natale, per lei, è solo una favola.

Elizabeth Perkins oggi
Ed è proprio questo realismo a rendere il film così potente. Quando Kris Kringle inizia a comportarsi come se fosse davvero Santa Claus, non lo fa con effetti speciali o magie spettacolari, ma con gentilezza, coerenza e onestà. È un Babbo Natale che ascolta, che rispetta i bambini, che rifiuta di mentire anche quando farlo sarebbe più conveniente. Poco alla volta, il dubbio si insinua, prima in Susan, poi negli adulti, infine nello spettatore.
Il momento simbolicamente più forte resta il processo a Babbo Natale, cuore emotivo del film. Portare Kris Kringle davanti a un tribunale significa chiedere alla legge di pronunciarsi su qualcosa che, per definizione, sfugge alle regole. È qui che Miracolo nella 34ª strada mostra il suo vero significato: credere non è un atto ingenuo, ma una scelta. La fede nella magia, nell’infanzia, nella bontà non è debolezza, è resistenza.
Il film del 1994 è importante anche perché parla a due pubblici contemporaneamente. I bambini vedono una storia natalizia luminosa, rassicurante, piena di promesse. Gli adulti, invece, riconoscono se stessi nei personaggi disillusi, in quella parte di mondo che ha smesso di aspettarsi miracoli. Ed è proprio per questo che si dice spesso che “non è Natale se non arriva Miracolo nella 34esima strada”: perché ogni visione è un tentativo di recuperare qualcosa che abbiamo perso crescendo.
Il casting è uno dei punti di forza. Richard Attenborough costruisce un Kris Kringle elegante, caldo, mai caricaturale. Non impone la magia, la suggerisce. Mara Wilson, già amatissima negli anni Novanta, riesce a rendere credibile la trasformazione di Susan senza scivolare nella melassa. E Dylan McDermott, nel ruolo dell’avvocato Bryan Bedford, incarna perfettamente l’adulto che vorrebbe credere ma ha paura di farlo.
Anche il contesto commerciale, con Macy’s e il Natale trasformato in evento di marketing, non è casuale. Il film non demonizza il consumismo, ma lo mette in discussione, contrapponendo l’idea del regalo perfetto a quella del desiderio autentico. Non conta cosa c’è sotto l’albero, ma perché lo si mette lì.
Alla fine, Miracolo nella 34esima strada del 1994 resta uno dei pochi film natalizi capaci di non invecchiare. Ogni dicembre torna perché serve. Serve a ricordarci che il Natale non è solo decorazioni, cene e rituali ripetuti, ma la possibilità, anche solo per qualche ora, di sospendere il dubbio. E finché ci sarà qualcuno disposto a farlo, Kris Kringle continuerà a camminare sulla 34ª strada. E il Natale, puntuale, arriverà di nuovo.
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