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L’arrivo di Interstellar nelle sale ha rappresentato un momento decisivo per la fantascienza contemporanea, un film in cui la visione di Christopher Nolan si fonde con riflessioni profonde sul tempo, sull’amore, sulla sopravvivenza e sul destino dell’umanità. La sua forza narrativa risiede nella capacità di raccontare una storia che non è soltanto un viaggio nello spazio, ma una meditazione sulla natura dei legami e sulle possibilità, scientifiche ed emotive, che definiscono il nostro futuro. Comprendere pienamente ciò che accade nel film richiede di seguire con attenzione ogni tassello: la trama, il cast, il ruolo centrale della relatività, fino ad arrivare alla spiegazione del finale, spesso oggetto di discussioni e interpretazioni da parte degli spettatori.

Christopher Nolan
Il punto di partenza è la figura di Cooper, interpretato da un intensissimo Matthew McConaughey. Ex pilota della NASA costretto a lavorare come agricoltore, Cooper vive in una Terra in declino, dove l’aria si riempie di polvere e le colture soccombono a malattie che minacciano la sopravvivenza della specie. È un mondo destinato all’esaurimento, in cui l’umanità sembra aver perso la fiducia nel progresso, nella scienza e nella conoscenza. L’incontro di Cooper con un gruppo segreto della NASA guidato dal professor Brand, interpretato da Michael Caine, riaccende però una scintilla: la scoperta di un wormhole vicino a Saturno potrebbe offrire un passaggio verso sistemi stellari ignoti e forse verso nuovi pianeti abitabili.
Il cast che orbita intorno a questa missione è straordinario: Anne Hathaway nel ruolo di Amelia Brand, scienziata brillante e razionale, Jessica Chastain che dona forza emotiva a Murph nella sua versione adulta, e Mackenzie Foy che interpreta la giovane Murph, il vero centro affettivo della storia. Matt Damon appare in un ruolo sorprendente come dottor Mann, uno scienziato tormentato dalla solitudine e dalla paura. Ognuno di questi personaggi contribuisce a costruire un universo narrativo complesso, dove la vulnerabilità umana è messa alla prova in maniera estrema.

Matthew McConaughey
La trama decolla davvero quando Cooper capisce che gli strani fenomeni nella stanza di Murph non sono casuali. Messaggi di gravità, cifre che cadono dagli scaffali, polvere che disegna coordinate: tutto sembra suggerire la presenza di una forza esterna. La decisione di partire per la missione Endurance crea il conflitto emotivo centrale del film: un padre che promette alla figlia di tornare e una figlia che vive quell’addio come un abbandono. Il film esplora in profondità la frattura che nasce dalla relatività temporale, un concetto che Nolan mette in scena con rigore scientifico. Nei pressi di un buco nero, il tempo scorre più lentamente; mentre Cooper vive poche ore, Murph invecchia di anni, poi di decenni.
Il primo pianeta visitato dall’equipaggio, quello dominato da onde colossali, è la dimostrazione più spettacolare di questo fenomeno. Là, ogni minuto pesa quanto anni sulla Terra. Il secondo pianeta, quello del dottor Mann, rappresenta invece il lato oscuro della missione: la distorsione della morale quando la sopravvivenza personale prevale sulla verità e sul dovere. Mann è la rappresentazione della paura, uno dei temi chiave del film, un uomo disposto a falsificare i dati pur di essere salvato.

Matt Damon
La missione, ormai compromessa, conduce Amelia e Cooper verso il colossale buco nero Gargantua, la cui rappresentazione è una delle più accurate mai realizzate nel cinema. Qui Cooper compie la sua scelta più coraggiosa: si sgancia dall’Endurance per permettere ad Amelia di raggiungere il pianeta che potrebbe ospitare la nuova umanità. La sua caduta verso Gargantua lo porta nella sequenza più enigmatica dell’intero film: il tesseratto.
Il tesseratto, un ambiente a cinque dimensioni, non è una fantasia arbitraria, ma un modo narrativo per rappresentare un concetto teorico: l’idea che il tempo possa essere manipolato come uno spazio. Qui Cooper comprende che la misteriosa entità che ha guidato Murph non è una specie aliena, bensì gli esseri umani del futuro, evoluti fino a dominare le dimensioni superiori. Sono loro ad aver creato il wormhole e a offrire a Cooper l’opportunità di inviare i dati quantistici raccolti dentro il buco nero, gli stessi dati che Murph userà per risolvere l’equazione della gravità, permettendo all’umanità di lasciare la Terra.
La scena in cui Cooper comunica con la figlia attraverso il tempo, sfruttando la gravità per muovere gli oggetti nella sua stanza dell’infanzia, è il punto in cui il film unisce scienza e sentimento. Murph scopre così che il suo “fantasma” era il padre, e questo legame diventa l’elemento che salva l’intera specie. Il film suggerisce che l’amore, lungi dall’essere un semplice sentimento, possa essere una forza capace di attraversare dimensioni e distanze, dando senso a ciò che la scienza, da sola, non riesce a spiegare.
Il finale di Interstellar si apre quando il tesseratto collassa e Cooper viene rilasciato vicino a Saturno, salvato dagli stessi uomini che Murph ha contribuito a salvare. Sulla stazione spaziale a gravità artificiale, Cooper ritrova una Murph ormai anziana, che gli ricorda che un genitore non dovrebbe assistere alla morte di un figlio. È un addio sereno, intenso, che chiude il cerchio della loro storia. Murph invita Cooper a non restare e a cercare Amelia, che sta costruendo una colonia sul pianeta potenzialmente abitabile raggiunto grazie al suo sacrificio.

Una scena del film
L’ultima immagine è quella di Cooper che ruba una navetta e parte verso l’ignoto. Non c’è una risposta definitiva sul suo destino, e Nolan lascia volutamente aperta la conclusione, perché la domanda più importante del film non riguarda dove arrivi Cooper, ma cosa l’umanità è disposta a fare per sopravvivere. Il film sostiene che la nostra forza più grande risieda nella curiosità, nella tenacia, nel desiderio di legarci agli altri e di spingerci oltre ciò che possiamo comprendere.
Interstellar, in questo modo, non è solo una storia di esplorazione spaziale, ma un viaggio dentro ciò che significa essere umani. Un’opera che combina scienza, emozione e visione, ricordandoci che guardiamo il cielo non soltanto per cercare nuovi mondi, ma per comprendere meglio noi stessi.
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