IL TREND
L’elfo dispettoso
Negli ultimi anni, con l’arrivo di dicembre, molte case italiane si trasformano in piccoli palcoscenici di creatività domestica. Il protagonista? Un pupazzo dall’aria furba e sorridente: l’elfo dispettoso, noto nel mondo anglosassone come Elf on the Shelf. Una tradizione natalizia che, partita dagli Stati Uniti, sta vivendo in Italia un vero boom, diventando un appuntamento immancabile per molte famiglie con bambini — ma anche per adulti dal cuore giocoso.
La sua storia non nasce da un antico folklore nordico, né da una leggenda popolare. Al contrario, affonda le radici in un progetto familiare molto moderno. Nel 2005, Carol Aebersold e sua figlia Chanda Bell pubblicano un libro per bambini dal titolo The Elf on the Shelf: A Christmas Tradition.
Nel racconto, l’elfo è uno “scout” di Babbo Natale, inviato nelle case dei bambini per osservare il loro comportamento durante l’Avvento. La magia si attiva solo quando la famiglia “adotta” ufficialmente l’elfo e gli assegna un nome. Da quel momento, ogni notte — secondo la tradizione — la piccola creatura vola al Polo Nord per fare rapporto a Babbo Natale, tornando al mattino in una nuova posizione.
Ed è proprio questo a dare il via allo spettacolo quotidiano: scenette buffe, trovate esilaranti e nascondigli improbabili che stupiscono i bambini e divertono gli adulti.

L’arrivo in Italia: dai primi curiosi a fenomeno nazionale
In Italia il fenomeno è arrivato con qualche anno di ritardo, trascinato dai social e dai prodotti ufficiali venduti insieme al libro illustrato. La sua diffusione è stata sorprendente: oggi l’elfo è un rituale familiare che coinvolge sempre più genitori, stimolando la fantasia anche dei più indaffarati.
A conquistare le famiglie è soprattutto la combinazione di routine e meraviglia: ogni mattina i bambini corrono a cercare l’elfo e scoprono dove si sia nascosto e quale nuova marachella abbia combinato. Per i genitori, invece, è un esercizio creativo serale, spesso esilarante: farine sparse come neve, rotoli di carta igienica srotolati, piccoli “dispetti” costruiti con oggetti domestici.
Una tradizione che unisce gioco, attesa e immaginazione, trasformando il mese di dicembre in un calendario vivente di sorprese.

Come funziona davvero la tradizione
La regola non scritta — ma ormai conosciuta da tutti — è molto semplice: l’elfo non deve mai essere toccato dai bambini, altrimenti perde la sua magia. Quando cala la notte, l’elfo cambia posto e torna al mattino in una location diversa, come se avesse vissuto un’avventura mentre la casa dormiva.
Il suo ruolo non è tanto quello di “punire” i bambini cattivi, quanto quello di alimentare l’attesa della festa con piccole scene quotidiane. Nell’immaginario dei più piccoli, il piccolo aiutante vola davvero al Polo Nord per fare rapporto a Babbo Natale, ma nella pratica è un instancabile compagno di giochi, più burlone che severo.
Che sia appeso a un lampadario, immerso nella farina o intrappolato in un barattolo di vetro, l'elfo porta con sé lo stesso messaggio, semplice e potente: il Natale è, prima di tutto, un gioco di immaginazione che funziona solo se lo si vive insieme.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy