LA STORIA
Jovanotti in Iran (da Facebook)
Le sue "spedizioni" in bicicletta nei luoghi più impervi del pianeta, sempre in solitario, sono leggendarie. Tra queste, Lorenzo Jovanotti Cherubini ha raccontato quella in Iran.
"Stamattina – scrive il cantante sulla sua pagina Facebook – il cellulare mi ha messo in evidenza queste foto di quando ho attraversato l’Iran in bicicletta. Entrai da nord, dal confine con l’Armenia e percorsi il paese attraverso Tabriz fino a Isfahan, poi indietro passando da Qom arrivai a Teheran dove bighellonai per una settimana".
Una ventina di giorni, 3.000 chilometri lungo le strade dell’antica Persia. "Trovai un Paese sorprendente, pieno di contraddizioni, tra modernità e storia, povertà e risorse. Oggi il nome di quelle città è in tutte le news e mi tornano in mente dettagli insignificanti in senso geopolitico ma preziosi nella mia memoria di viaggiatore. Viaggiare come faccio a volte io, da solo e fuori dai circuiti del turismo organizzato, è molte cose ma soprattutto è un modo per sentire i luoghi in modo che non saranno più astrazioni ma pezzi della propria realtà".
"Io a Isfahan arrivai un pomeriggio dopo 200 km di deserto di pietre e vento, trovai un posto dove dormire vicino a quella che pensai fosse la piazza più bella che avessi mai visto, faceva a gara con piazza del Campo a Siena, piazza San Marco a Venezia, piazza Navona a Roma. Ma il fatto che fossi l’unico forestiero in quel momento mi convinse che era tutto speciale. In quella piazza passai ore bellissime, dell’Iran continuava a colpirmi la gentilezza della gente, l’ospitalità come valore sacro che verificavo di persona, l’età media molto giovane delle gente che vedevo in giro, la disponibilità a fare due chiacchiere davanti a un tè zuccheratissimo in un inglese stentato ma pieno di voglia di capirsi".
Ma c'era un tema delicato. "Notavo – ricorda – che ogni volta che la mia curiosità e le mie domande toccavano la politica del loro paese calava un silenzio imbarazzato, giri di parole, come quando si parla di una malattia pericolosa di cui non è chiara la cura, in bilico tra speranza e rassegnazione. I giovani di questo Paese, pensai, non ne possono più, non me lo dicono perché hanno paura a parlarne, non sanno chi sono e nonostante spieghi che sono un italiano in bicicletta appena si entra nell’attualità del loro paese si ritraggono ma vorrebbero parlare, gridare, piangere. In questi giorni leggo i nomi di quelle città e mi tornano in mente cose, soprattutto momenti bellissimi in quella terra antica e favolosa intrisa di una storia tra le più ricche del mondo. Uno dei luoghi dove la poesia è importante come l’acqua e come la vita. Ricordo un parco a Teheran dove passeggiando incontrai un monumento a Dante, al nostro Dante, per dire. Quella gente merita la pace e un futuro di libertà, come tutta la gente del mondo, intendo la gente che vive studia lavora ama e spera, come tutti noi".
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